Analisi di sfondo e obiettivi strategici

La visione tradizionale parte dall`'assunto che per le persone disabili avessero difficoltà nell'affrontare e compiere azioni considerate ''normali'', intendendo lo svantaggio sociale normalmente associato alla disabilità come problema personale causato dalla menomazione e vedendo una possibile soluzione al problema nell'aiuto alla persona ad accettare di avere un ruolo sociale ''con meno valore''. Il primo risultato ottenuto è quello di aver creato una maggiore sensibilizzazione sociale alla disabilità e alle difficoltà che la persona e la famiglia che la circonda devono affrontare a causa dei limiti operativi che esistono nel mondo e nelle istituzioni; tale risultato ha però portato alla luce un ulteriore problema ovvero quello che l`'integrazione sociale non può essere veicolata solamente dal sistema scolastico e formativo, ma che deve essere presente in tutti gli ambiti della società e delle città che popolano il mondo. Per sostenere tale tesi è necessario citare la Dichiarazione di Salamanca del 1994 che dichiara che l`'educazione integrata e il riadattamento comunitario sono approcci COMPLEMENTARI per aiutare coloro che ne necessitano e che si appoggiano sui principi di inclusione, integrazione e partecipazione che la società mette a disposizione, pertanto l`'integrazione scolastica deve essere solamente uno dei mezzi per migliorare l`'uguaglianza nella strategia nazionale nel senso che la scuola può aiutare il passaggio alla vita adulta e donare le conoscenze e competenze di vita quotidiana, ma che da sola non basta, è necessaria la presenza di sostegni e supporti esterni alla scuola per garantire un ottimale sviluppo della persona, ma soprattutto si necessita di una società che crei un ambiente consono allo sviluppo dell`'autonomia della persona in modo tale che essa non riscontri ostacoli o problematica nel suo naturale spostamento o conseguimento della sua vita qualsiasi sia il suo progetto. Il sistema formativo può essere una rampa di lancio che però deve essere sostenuta dalla "socializzazione" intesa come divenire parte integrante del sociale ovvero trovare all`'interno dell`'ambiente sociale un riconoscimento, un posto, una dignità riconosciuta e da portare avanti. Se però si dà uno sguardo più critico alla formazione si può indubbiamente notare che dopo la scuola dell`'obbligo, o comunque la scuola di grado superiore, la maggior parte delle persone che possiedono una disabilità ferma la propria formazione a causa di un oggettivo impedimento connesso alla disfunzionalità dei meccanismi apprenditivi ed è proprio qui che nasce l`'esigenza di compensare tali limiti con la solidarietà sociale che dovrebbe rilevare gli ostacoli, prenderne consapevolezza ed attivare condizioni sostenibili ed efficaci basate sulla relazione e sull`'autonomia mirate a riconoscere le potenzialità del singolo e il suo sviluppo integrale. Una piena integrazione sociale non dipende dal grado di scolarità, ma dalla realizzazione delle sue possibilità personali che la persona possiede nel contribuire alle dinamiche produttive e nello stabilire relazioni che avvengono in luoghi e con tempi differenti da persona a persona, ma che devono concretizzarsi senza discriminazione alcuna. Si deve dunque creare un ambiente anche al di fuori della scuola che sia inclusivo e che abbia maggiori possibilità di proporre forme maggiormente rispondenti ai bisogni e alle specificità della persona; si tratta di una prospettiva aperta in cui sono previsti laboratori, strutture specifiche di esercizio dell`'esperienza con strumenti e sussidi adeguati ad ogni specificità e che soprattutto siano in grado di veicolare la socializzazione e di migliorare la dimensione sociale con tutta la comunità. La persona deve essere rispettata nell`'autonomia delle scelte, nella creazione del proprio giudizio di sé e del suo ruolo sociale e nella presa di consapevolezza del suo contributo alla società. L`'iniziativa scolastica di integrare le persone con disabilità all`'interno del proprio ambiente ha creato una particolare sensibilizzazione alla tematica incoraggiando lo sviluppo di una ricerca in suddetto campo, ciò ha determinato una responsabilizzazione istituzionale e sociale sulla disabilità e sugli handicap che ancora oggi non vedono una totale integrazione riscontrando ogni giorno numerosi ostacoli e limiti nel procedere della loro vita in quanto, sebbene l`'integrazione sia stata attuata in modo efficiente all`'interno dell`'ambiente scolastico, nell`'ambiente sociale non si sono mosse numerose innovazioni e cambiamenti a favore delle disabilità. La società mette l`'integrazione sociale tutto nelle mani della scuola vista come agenzia di servizio sociale capace di generare la totale autonomia della persona tale da non modificare nulla nel resto dell`'ambiente.

Sulla base del profilo dinamico funzionale e sulla diagnosi funzionale in modo tale da garantirne il diritto all`'educazione e all`'istruzione che però non viene garantito allo stesso modo nei percorsi formativi successivi alla scuola superiore, si può infatti notare come il numero di persone con disabilità all`'interno dei percorsi universitari sia nettamente basso tale da non arrivare neanche all'`1% (per la precisione 0,88%) a causa di numerosi limiti, si può vedere come un sordo non possa seguire lezioni a causa dell`'assenza di un linguaggio che permetta lui di comprendere ciò che si sta studiando, l`'impossibilità di una persona che soffre di cecità di usufruire di materiali formativi come slides e materiali didattici visivi o la difficoltà di spostamento in numerosi campus universitari causati da percorsi pedonali non consoni, anche all`'interno dell`'ambiente universitario in quanto risulterebbe complesso e anche disfunzionale, ma si tratta di studiare gli ambienti e l`'attuazione della formazione e prendere consapevolezza degli innumerevoli limiti esistenti che rendono la formazione impossibile da proseguire dopo l`istruzione superiore, solamente attraverso uno studio attento e specifico è possibile attuare una reale rivoluzione capace di garantire il diritto allo studio alla totalità delle persone. Come precedentemente visto l`'ambiente scolastico è il luogo principe per garantire l`'integrazione della persona disabile all`'interno del quale è possibile attuare anche un processo di socializzazione altrimenti impossibile, dunque continuare il percorso formativo all`'interno delle università permetterebbe alle persone con disabilità di evitare l`'isolamento relazionale che è uno dei principali processi di miglioramento della vita della persona. La disabilità è sempre stata vista come una difficoltà, un limite, ma se si attuassero dei cambiamenti a livello universitario e a livello architettonico delle città allora questa convinzione cesserebbe in quanto ogni persona completerebbe in modo ottimale il proprio percorso di studi e la propria autorealizzazione formativa e sarebbe in grado di vivere in totale autonomia in ogni aspetto della vita sia lavorativa che relazionale e sociale; intervenendo su quelli che si configurano come limiti architettonici e percettivi all`interno della società si potrebbe creare uno spazio vitale dove ogni persona non necessita più di alcun aiuto o sussidio da parte delle istituzioni. La pandemia ha coinvolto tutti e soprattutto ha portato alla luce la fragilità dei sistemi e dei servizi offerti alla popolazione che già traballavano prima dell`'emergenza sanitaria, le persone con disabilità e le loro famiglie parlano di una prevenzione che non è stata fatta, la creazione di un piano B inteso come una maggiore flessibilità nei servizi che non è presente nel nostro paese che ha portato a una situazione di re-inventare possibile solamente dopo un periodo di forte crisi e instabilità in cui tanti bisogni non hanno avuto risposta; si è notata la forte assenza dei servizi domiciliari e di inclusione fuori dai servizi appositi, un`'assenza di progetti di sostegno individualizzati per conseguire gli obiettivi anche senza contatti. La pandemia ha però portato all`'innovazione nei confronti dell`'uso della tecnologia che ha generato una forte riflessione sulla possibilità di utilizzare questa nuova modalità di lavoro anche al di fuori dell`emergenza sanitaria per favorire i contatti e per migliorare il distacco della persona con disabilità dai servizi nel suo percorso di raggiungimento dell`'autonomia. Tutte le persone devono evitare l`'isolamento, ma purtroppo molte persone con disabilità ne sono destinate a causa della scarsità dei progetti integrativi offerti dalla società. Ciò possibile a partire dall`'ascolto partecipe dell`'altro che valorizzi gli interlocutori come persone e rendere le persone capaci di creare relazioni stabili e proficue, solo così si può generare la speranza di creare una vita migliore a partire proprio come società in quanto, per cambiare la società e attuare modificazioni concrete agli ostacoli architettonici e percettivi, si deve partire dal cambiamento della percezione e dello sguardo di ogni singola persona. Ancora oggi si pensa che una persona con disabilità debba vivere il più possibile all`interno dell`'ambiente familiare e successivamente in un contesto residenziale deciso dagli operatori senza la sua partecipazione di decisione e di volontà e questo ha portato a non considerare le criticità vissute dalle persone con disabilità di aver vissuto segregate in casa per più di un anno solamente con i propri familiari a causa della pandemia vedendo il mondo esterno andare avanti senza di loro questo perché esse non sono considerate all`'interno della società, le disabilità infatti diventano visibili solo quando si presentano davanti agli occhi al contrario invece delle numerose norme che proclamano il contrario e prevedono il rispetto e la promozione dei diritti delle persone con disabilità e della loro piena inclusione come dice la legge. La qualità della vita della persona con disabilità non è determinata dalle sue caratteristiche fisiche, è infatti necessario tenere distinto il deficit fisico o mentale della persona dalle barriere che determinano.

Questo cambio di paradigma che deve essere attuato riporta alla mente il cambio di pensiero e le criticità nate da questa rivoluzione riguardo a un'attività chiamata "il lancio del nano". Il lancio del nano o dwarf tossing è un'attività che ha fatto molto discutere la società in quanto nasce come disciplina inclusiva e progressiva per rendere possibile l'autonomia lavorativa e l'inclusione nella collettività delle persone affette da nanismo, ma viene vista nel tempo da molte persone come denigratoria, discriminante e non dignitosa. Il lancio del nano consiste nel far indossare alla persona affetta da nanismo una tuta, un casco e delle protezioni per poi essere lanciato tramite delle maniglie poste sull'imbragatura verso dei materassi coperti di velcro con l'obiettivo del tiro al bersaglio anche se esistono numerose varianti. Il lancio del nano risale all'antica Mesopotamia, ma il dwarf tossing contemporaneo nasce nella Florida degli anni Ottanta grazie a un proprietario di un bar che per attrarre la clientela disse che un cliente abituale del bar, il nano australiano Midge, avrebbe praticato l'arte dell'australian dward tossing all'interno del bar; purtroppo non finì bene e l'alcol non ha di certo contribuito a un esito migliore, infatti Midge fu lanciato numerose volte e all'ultimo lancio cadde di testa e morì a causa di una emorragia celebrale. La Little People of America (LPA), organizzazione no-profit che tutela le persone affette da nanismo, chiese a Jeb Bush, allora governatore, di intervenire. Nel 1989 il lancio del nano fu dichiarato illegale in Florida.

Università D'Annunzio - La (dis)abilità nelle città (dis)agibili
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